Nazionale

Di fronte al razzismo mai minimizzare: è responsabilità di tutti

PSG e Basaksehir sono tornate in campo e hanno solidarizzato con "Black Lives Matter". Il ruolo dell'Uisp e dell'Osservatorio con Unar e Lunaria

 

E' razzismo, non bisogna minimizzare. PSG e Basaksehir, sono tornate in campo ieri e prima della partita i giocatori delle due squadre si sono inginocchiati alzando il pugno, in segno di solidarietà con la campagna anti-razzismo "Black Lives Matter" (Le vite dei neri contano). Ventidue ore dopo quel "negru" usato dal quarto uomo. Sul sito internet di Articolo 21 si analizza quanto avvenuto, richiamando l'attenzione sul fatto che "Combattere il razzismo è responsabilità di tutti", sempre e ovunque, dalla serie A ai campi di periferia. E si cita l'esperienza dell’Osservatorio contro le discriminazioni nello sport promosso da Unar, Uisp e Lunaria.

"E invece no. Lo ripetiamo: di fronte al razzismo non bisogna minimizzare - si legge nell'articolo, firmato da Ivano Maiorella - Quello che è avvenuto durante la partita di Champions Legue, ultimo turno prima dei passaggi agli ottavi di finale, è molto grave. Il quarto uomo, una sorta di arbitro aggiunto, il romeno Coltescu, ha usato il termine “negru” (nero in romeno) rivolto a Pierre Achille Webo, assistente dell’allenatore dei turchi".

"Il fatto è grave: il padrone che morde il cane fa notizia, eccome. L’arbitro, anzi gli arbitri di una partita di calcio hanno compiti precisi, hanno poteri e doveri. Quello principale dovrebbe essere quello di dare il buon esempio e poiché si parla di una partita europea di punta, il buon esempio sportivo diventa un moltiplicatore di comunicazione che entra in milioni di case, in tutta Europa e nel mondo".

"Pierre Achille Webo, ex attaccante camerunense, 59 presenze nella nazionale del suo Paese, con importanti esperienze nel calcio europeo e sudamericano, non ci sta. Ma è Demba Ba, attaccante della squadra di Istanbul, che affonda: “Perché quando parli di un bianco non dici ‘quel ragazzo bianco’ e quando invece ti riferisci a me dici ‘quel ragazzo nero?’. Già, perché?" 

"Capiscono anche che il messaggio portato avanti dal «Black Lives Matter», è potente ed ha infranto il consueto isolazionismo dello sport. L’uccisione dell’afroamericano George Floyd (14 ottobre 1973 – 25 maggio 2020) da parte della polizia a Minneapolis è soltanto uno dei più recenti fatti, la lista è lunga ma quell’episodio ha fatto scattare qualcosa di nuovo e inarrestabile. Non si rimane più zitti, né si minimizza. Ed altrettanto lunga è diventata la lista dei campioni dello sport che non ci stanno: dall’automobilismo al basket, da Lewis Hamilton ai campioni di pallacanestro Nba, fino al calcio tanti atleti hanno preso le parti del movimento Black Lives Matter aprendo gli occhi ai tifosi e alle organizzazioni sportive. Un cambio di passo rivoluzionario".

"E in Italia? Il razzismo continua ad essere radicato e affiora lì dove meno te lo aspetti. In serie A, dove gli arbitri che potrebbero sospendere le partite per fatti di razzismo in campo o sugli spalti, non lo fanno con la dovuta continuità e attenzione. Ma anche nei campi di periferia, come denuncia il sito Cronaca Antirazzista, curato da Lunaria che, insieme a Unar e Uisp, ha dato vita in Italia all’Osservatorio contro le discriminazioni nello sport".

"Che cosa hanno a che fare questi fatti da cronaca minore con quanto è successo al Parco dei Principi di Parigi, uno dei templi del calcio europeo? Piccole notizie di periferia? Niente affatto: il razzismo si annida ovunque e la lotta alle discriminazioni e ai pregiudizi va portata avanti sempre. Combattere il razzismo è responsabilità di tutti, minimizzare significa essere complici. Alcuni interpreti dello sport, noti e non, rompono l’isolamento e si stanno assumono la responsabilità di far aprire gli occhi a tutti. Ovunque: sotto i riflettori e sul territorio, in periferia, dove i riflettori non ci sono, ma il razzismo sì".

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